Aleteia ossia Amen o vero nel Lessico cristiano (prima parte)

Aleteia ossia Amen

  1. IL CONCETTO VETEROTESTAMENTARIO DI ELMET
  2. La parola emet

Nella lingua dell’A.T. la parola emet che ricorre un 126 volte, è usata in senso assoluto per indicare un dato di fatto che d’essere considerato come amen ossia sicuro, valdio, vincolante e quindi verità, oppure in riferimento a persone per designare la caratteristica essenziale del parlare, dell’agire e del pensare di queste. Un is emet è un uomo che segue costantemente  la norma della verità, un uomo verace (lett. Di veracità) un ne eman.

Il sostantivo emet usato di regola al femminile (per Deut 13,15; 17,4) è stato derivato dalla radice ‘mn, “esser saldo”, alla guisa dei nomi segnalati femminili, assimilando la consonante n all’affermativo femminile t. Questa derivazione traspare chiaramente dai casi in cui la parola è unita ad un suffisso, come amitto. La traslitterazione esemplare emet (PS 31,6) sembra accennare ad una quantità della prima sillaba che nel T.M. è andata perduta. Molto vaga è l’ipotesi che l’ultima sillaba sia stata vocalizzata col segol per differenziare la parola da ‘amat, stato costrutto di ‘ama “serva” ed evitare così la confusione tra un concetto assunto nel linguaggio religioso e un altro meramente profano. I LXX traducono ‘emet per lo più  con aleteia (87 volte) e inoltre almteuein (12 volte).

Affine a quello di ‘emet è il concetto di emuna. Entrambi poi si avvicinano ai concetti di integrità di salom e di tamin e a quelli giuridici di hesed e di sedeq, s daqa, di cui sovente costituiscono una specificazione. Come questi, infatti, emet designa un modo di essere normale, di cui esprime in particolare la stabilità e la validità. In complesso l’uso di emet e corradicali si presenta ricco di sfumature , senza però che dai testi che possediamo si possa ricostruire una precisa evoluzione storica del concetto.

  1. Emet come concetto del linguaggio giuridico.
  2. Soprattutto nel linguaggio giuridico è chiarissimo il significato fondamentale di emet, ossia l’effettiva verità di un fatto o di una situazione. Deut. 22,20 “ma se l’accusa è un fatto giuridicamente valido”, ossia se riposa sulla verità e non sulla calunnia come il caso precedentemente contemplato. Analogo è il senso di emet nakon ossia una realtà di fatto di cui si ha una conferma diretta: Deut 13,15; 17,4. Un ‘ot emet (Ios 2,12) è un pegno della validità giurica di una promessa, mentre un documento avente valore giuridico può essere definito dibre salom we emet , “parole di pace e di validità” (Est 9,30). Ma l’uso giuridico della parola può anche essere trasferito nel linguaggio comune: emet haddabar significa: le cose stanno effettivamente così come avevo udito: 1Reg 10,6; 2 Cgr 9. Le stesse parole possono anche confermare l’effettiva e indubitabile realtà di una rivelazione ; Dan 10,1. Come trasposizioni metaforiche di formule giuridiche pare debbano essere considerati anche i casi in cui emet è riferito a cose come in Gen 24,48: derek ‘ e met , la giusta via . ossia quella, tra le molte possibili, che si rivela  apportatrice di successo. Ier 2,21  presuppone la stessa immagine dell’accertamento giuridico, quando contrappone zera emet, la pianta genuina, a gefen nokrijja, la pianta imbastardita.

Ma l’uso della parola non è limitato, nell’A.T. , a questi semplici casi. Gen 42,16 (E): “le  vostre parole devono essere saggiate ha emet itt kem” denota  già una tendenza ad astrarre  il concetto di emet dal riferimento a fatti concreti; è dubbio infatti se si debba intendere: se presso di voi si trova l’oggettiva verità, oppure se presso di voi si trova la emet come norma interiore, ossia veracità. E’ raro comunque che il significato del termine si presenti così ambiguo, perché di regola emet è impiegato o per esprimere l’assoluta certezza, realtà e conseguente efficacia psicologica di una circostanza di fatto indicata o adombrata dal contesto, oppure come concetto assoluto variamente atteggiato e intonato. Nel primo senso si può dire per es. che la parola di Jahvé è emet, ossia effettivamente e innegabilmente presente e perciò anche efficace sulla  bocca del profeta. In Reg 17,24 la vedova riconosce che la parola di Dio è veramente sulla bocca di Elia che le ha salvato il figlio con la sua preghiera. Ier. 23,28 : il profeta “presso il quale è la mia parola, annunzia la mia parola, annunzia la mia parola  come emet”, ossia come una realtà di fatto che si rivela tale per la sua efficacia e non come un “sogno”. Un ed emet è il testimone dell’effettiva realtà che  dev’essere appurata da un procedimento giuridico e come tale “salva la vita”: Prov 14,25 ; oppure e un ne eman, ossia un testimone di provata veridicità: Ier 42,5 (detto di Jahvé). Quando si legge, in Is. 43,9, che i popoli devono dire emet, il contesto insegna che anche in questo caso si tratta di un procedimento giuridico inteso ad accertare determinati fatti pregressi ; emet è quindi ancora una volta la convincente realtà di fatto. Analogamente vanno intesi i passi in cui Zaccaria caldeggia il rispetto di emet come principio imprescindibile del procedimento giuridico, Zach 7,9: mispat emet s foto , “giudicate secondo la realtà di fatto”. Zach 8,16: “dite la verità, ognuno nei rapporti con il suo connazionale, giudicate alle porte (della vostre città) secondo verità  e secondo un diritto salutare”. Soprattutto dall’ultimo passo risulta evidente che nel concetto di emet confluiscono il ius conditum e la noirma iuris condendi.

  1. Ma il contenuto del concetto di emet può essere specificato e non risultare dal contesto. La parola assume allora un significato universale che trascende la sfera giuridica e indica la realtà di fatto che deve essere riconosciuta come tale da chiunque e in qualsiasi circostanza , ossia in ultima analisi quel modo di essere normale che si impone al rispetto perché conforme all’ordine divino e umano e che si rispecchia anche nei concetti affini di mispat, salom, sdaqa ecc. In questi casi emet può essere tradotto genericamente con verità e, come concetto normativo, anche con veracità, sincerità.
  2. Emet come concetto della lingua religiosa
  3. Al pari di altri concetti anche la nozione di “verità” ha importanza grandissima, oltre che nella sfera giuridica, anche nel linguaggio religioso dell’A.T. . A differenza però di altri conctti, di cui più evidenti e spiccate sono le origini e l’impronta giuridica, è quanto mai difficile stabilire la vera natura dell’uso di emet nei testi religiosi. Non è detto , infatti , che si tratti sempre di un uso metaforico, giacché può anche essere germinato direttamente dalla coscienza religiosa. E’ certo comunque che la parola si presenta spesso in un’accezione decisamente e inequivocabilmente religiosa affatto indipendente da quella giuridica. Come l’uomo pio, spesso definito con termine giuridico il “giusto”, fonda i suoi rapporti con Dio e con i suoi simili sull’inoppugnabile verità, ossia verace, allo stesso modo la verità è il fondamento dell’azione e della parola di Dio. La veracità di Dio esige quella dell’uomo; PS 51,8: emet hafasta. Può dimorare sulla sacra montagna di Jahvé, ossia è capace di render culto, “chi nel suo cuore preferisce emet” (Ps 15,2) , ossia chi aderisce intimamente alla verità intesa come norma di vita accetta a Dio. E’ naturale che questa disposizione interiore si manifesti praticamente nella vita sociale (Ez 18,8 “Egli fa un giudizio veritiero fra uomo e uomo”) , ma questo avviene, come insegna il medesimo passo, in conformità al volere divino: “egli osserva le mie norme giuridiche praticando la verità”. Quando Osea (4,1) si lamenta che non vi sia nel popolo emet accosta il concetto di veracità a quello di “conoscenza di Dio”, indicando cos’ la prospettiva in cui esso va inserito : la “veracità” in ogni suo aspetto si fonda sulla sicura conoscenza della volontà di Do e questa conoscenza è già da parte sua una prova di veracità.

Sebbene il linguaggio poetico nella sua tendenza all’interazione enfatica per definire il comportamento del giusto usi sostanzialmente con lo stesso significato espressioni quali poel sedeq e holek tamim  come sinonimi di dober emet (Ps 15,2) e sebbene le “norme guridiche” siano considerate il fondamento della verità (Ez 18,9), pur tuttavia questo momento razionale non è in ultima analisi essenziale al concetto di emet e bisogna guardarsi dall’attribuirgli un valore preponderante nell’interpretazione di molti passi. Gli è che con la parola emet si tende innegabilmente a presentare come il risultato di un ripensamento gnoseologico una verità e una norma di vita che sono invece direttamente vissute dalla coscienza religiosa e si impongono con la forza dell’evidenza. Questo perché emet condivide con altri concetti trasposti dal diritto alla teologia la tendenza – che dal punto di vista semantico è ugualmente vantaggiosa e svantaggiosa – a stimolare e a guidare il pensiero religioso con una precisa elaborazione  concettuale. Questa tendenza razionale e pedagogica , connessa con la natura giuridica del concetto, si manifesta chiaramente soprattutto laddove si afferma a scopo didattico che la parola e la legge di Jahvé sono per l’uomo la verità e la fonte della vera conoscenza. Ps 119, 160: la somma e la quintessenza della  parola di Dio è emet Ps 19,10: i suoi statuti sono emet. L’impressione che qui si accenni alle Scritture è corroborata dal fatto che un libro apocalittico può essere definito senz’altro k tab emet, “espressione scritta della verità” (Dan 10,21). Anche la “verità” a  cui si allude nell’espressione “camminare nella tua verità” (Ps 25,5; 26,3; 86,11) sembra consistere in determinante norme di vita che sono oggetto dell’insegnamento divino  (cfr Ps 86,11: “insegnami, Jahvé , la tua via”). Sotto il profilo razionale il concetto di verità può essere accentuato attraverso l’antitesi con seqer, “menzogna”, awla, “perversione” ecc. (cfr Mal 2,6; Prov 11,18; 12,19; Ier 9,4), mentre invece l’antitesi con rs (Neh 9,33) ci riporta decisamente nella sfera religiosa. La emet può essere poeticamente simboleggiata (Ps 85,12: emet germoglia dalla terra e sedeq si affaccia dal cielo) o personificata (Is 59,14: la emet incespica per la strada), oppure può essere rappresentata come una merce di cui si raccomanda l’acquisto (Prov 23,23). Simbolica  è anche l’affermazione di Dan 8,12, che cioè la verità è staa rovesciata a terra; questo passo è significativo anche perché in esso emet sembra essere usato in senso pregnante come designazione antonomastica della religione “vera”, ossia di quella giudaica. Il medesimo concetto razionale della verità  si ritrova nelle parole del cronista (2 Chr 15,3) che definiscono Jahvé come il Dio “vero”, ossia esclusivo e assoluto (elohe emet).

  1. Una riprova della complessità del concetto di emet e della sua capacità di piegarsi ai vari contesti logici in cui viene formulato, è il fatto che una espressione pressoché identica a quella appena citata ossia el emet, si trova usata con un significato affatto diverso, e precisamente come motivo di fiducioso abbandono, in Ps 31,6. Questo passo appartiene con numerosi altri ad un gruppo in cui l’A.T. raggiunge il vertice della sua concezione della “verità” superando la distinzione tra il momento razionale e quello etico di emet e facendo di essa la caratteristica essenziale e il fine ultimo dell’azione divina: Il Dio che viene invocato come rab hesed we emet, “ricco di fedeltà e veracità” (Ex 34,6), come hael hanneeman (Deut 7,9), come el emet (Ps 31,6), ossia come garante delle norme morali e giuridiche, merita l’assoluta fiducia del giusto e di qualsiasi uomo. L’uomo dubbioso si sente piccolo di fronte alla veracità che si manifesta nelle promesse divine (Gen 31,11). Sul Sinai egli ha dato torot emet, leggi che sanciscono la verità e sono esse stesse verità (Neh 9,13). Le opere delle sue mani sono verità e giustizia, tutti i suoi comandamenti sono assolutamente validi (Ps 111,7). Egli giura la emet, ossia in modo irrevocabile (Ps 132,11) e osserva eternamente la norma della veracità (Ps 146,6). Coloro che scendono nella fossa non sperano più nella emet di Dio (Is 38,18; cfr Ps  29,10) giacché per essi non sussiste nessuna promessa  divina alla quale possono richiamarsi. In tutte queste affermazioni, comprese quelle che contengono un richiamo più o meno esplicito e chiaro al concetto di alleanza, è vivo l’alto pathos morale che contraddistingue la fede israelita in Dio e che si esprime nel modo più semplice ed essenziale nell’antico testo di 2 Sam 7,28: atta-hu ha elohim ud bareka Jihju emet  “tu sei il Dio, ossia (esplicativo) le tue parole sono verità”.

 

  1. Quell

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