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Adelfos
Adelfos e adelfe nel N.T. designano in senso proprio la fratellanza carnale e in senso traslato la fratellanza spirituale, che lega fra loro i cristiani o gli israeliti. Questo senso metaforico si ritrova anche nei derivati e composti .
1. Fratellanza carnale
Fratelli carnali: del patriarca Giuda, Mt 1,2; di Giuseppe Act 7,13; di Jeconia Mt 1,11; di Erode Lc 3,1; Mc 6,17. Fra i discepoli di Gesù vi sono i fratelli carnali Simone e Andrea (Mc 1,16; Mt 10,2) e i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni (Mc 1,19; 3,17; 5,37; 10,35; Mt 17,1; Act 12,2) Maria e Marta sono sorelle (LC 10,39; Io 11,1) e Lazzaro è loro fratello (Io 11,2). In Act 23,16 si accenna, senza farne il nome, a un figlio della sorella di Paolo; nell’elenco delle persone da salutare in Rm 16,15 figurano Nereo e sua sorella.
Degli adelfi (fratelli) di Gesù si parla in Mc 3,31 ss; Gv 2,12; 7,3.5.10; Att 1,14; 1 Cor 9,5; Gal 1,19 e in Mc 6,3, dove vengono riferiti i loro nomi. Adelfai di Gesù si trovano menzionati in Mc 3,32; 6,3 e Gv 19,25. L’antica chiesa universale, assertrice della verginità perpetua di Maria, fin da epoca antica non ha mai voluto riconoscere in questi adelfoi veri e propri fratelli carnali di Gesù e ha insegnato che essi sono o figli avuti da Giuseppe in un precedente matrimonio o cugini e cugine del Signore.
Alludono inoltre a fratelli carnali i sadducei, quando chiedono al Signore a chi apparterrà, dopo la resurrezione, una donna che abbia sposato successivamente vari fratelli (Mc 12,19); così pure le parabole del figliol prodigo (Lc 15,27.32) e di Lazzaro.(Lc 16,28), l’episodio dell’uomo che invoca Gesù come giudice in una contesa d’eredità (Lc 12,13) e la parole del Signore sull’odio dei fratelli e delle sorelle per causa sua (Mc 10,29 s; Lc 14,26), sul tradimento fra fratelli (Mc 13,12) e sugli ospiti da invitare (Lc 14,12).
2. Fratellanza spirituale
In senso traslato adelfos indica nel N.T. il fratello in Cristo, il cristiano. Gli esempi sono numerosissimi e si trovano in tutti gli scritti neotestamentari senza eccezione (circa trenta casi negli Atti, in Paolo centrenta). Il concetto e la metafora derivano dal mondo e dalla religiosità giudaica. Nell’antico lamento funebre (hoi ahi= ahimé fratello mio Ier 22,18), l’appellativo “fratello” sembra un modo affatto comune e spontaneo di rivolgersi ai connazionali. Anche nel giudaismo adelfos indica il correligionario identico al connazionale; ques’ultimo però è chiamato anche rea = plesion e talvolta dai rabbini viene ampliamente distinto da ‘ah =adel- fos. Adelfos rientra quindi in quella terminologia religiosa giudaica che il cristianesimo ha fatto propria.
Ma nel N.T. adelfos è usato anche in senso prettamente ed esclusivamente giudaico, e non solo nelle citazioni veterotestamentarie di Act 3,22; 7,37; Heb 2,12; 7,5 ma anche in Mc 5,22; 47; 7,3 18,15; Act 7,23; Rom 9,3; HEb 7,5. Conforme a questo uso gli apostoli , come i predicatori della sinagoga, apostrofavano i giudei con adelfoi (2,29; 3,17; 7,2; 13,5.26.38; 22,1; 23,1; 28,17) e ne ricevono lo stesso titolo (2,37); la formula comune negli Atti subentra a quella ebriaca ahenu. Gesù chiama “suoi fratelli” coloro che ascoltano e lo seguono (Mc 3,33; Mt 25,40; 28,10; Io 20,17) e vuole che i suoi discepoli si considerino tra loro fratelli (Mt 23,8 Lc 22,32). Non usa però mai adelgos per apostrofare qualcuno e non sappiamo se ciò abbia un particolare motivo o significato. Anche i cristiani possono considerarsi fratelli del Signore, ossia membri del suo oppolo (Rom 8,29; Heb 2,11). Il rapporto fra fratelli dev’essere quello dell’amore (1 Io2,9); agapetos sono perciò espressione comune per indicare il fratello in Cristo, il correligionario, mentre meno frequenti sono pistos Col 4,9; 1 Tim 6,2; 1 Petr 5,12 e aghios che ricorre solo in Heb 3,1. Questi due appellativi sono abbinati in Col 1,2. SI ricordi infine l’accorato accenno di Paolo in 1 Cor 5,11.
Giuseppe Flavio (Bell II, 122) attesta che anche gli esseni si chiamano edelfoi; l’uso, del resto, era comune anche al di fuori del giudaismo e del cristianesimo. Platone definisce fratelli i connazionali. Senofonte gli amici; per Plotino sono tutti gli esseri. Come designazione dei membri di una comunità religiosa adelfos è attestato tanto nei papiri che nelle epigrafi quanto negli scritti letterari.
I composti nel N.T. filadelfos solo 1 Pied 3,8 e filadelfia (Rom 12,10; 1 Thess 4,49; Heb 13,11, 1 Petr 1,22; 2 Petr 1,17) pure pseudadelfos (2 Cor 11,26; Gal 2,4) sono usati costantemente in senso traslato. Per questo deriva l’uso di adelfotes come come termine concreto indicante la comunità cristiana (1Petr 2,17; 5,9). Lo stesso vocabolo è usato nei LXX nel senso proprio di fratellanza carnale (così 4 Mach 9,23; 10,3.15; 13,19,27), ma anche metaforicamente per indicare lo stretto vincolo che lega i popoli alleati (1 Mach 12,10.17). Adelfotes figura anche nei cataloghi delle virtù nel senso di atteggiamento fraterno. Finora non si sono trovati, al di fuori della letteratura cristiana, esempi di filadelfia e filadelfos in senso traslato.
L’accezione biblico – metaforica di adelfos e derivati, sempre più scolorita e logora dall’uso, si fissa definitivamente nel linguaggio della chiesa. Talvolta però , sempre nell’ambito dell’uso cristiano, la parola può caricarsi di un significato particolare e pregnante ascetico. Secondo Clemente A. , Strom VI 12,1003; Greg. Nyss. Virg. 23. In Pallabio (Hist. Laus. 43,2 p. 130,10 Butler passim) adelfotes indica la comunità cenobitica.
H.von Soden