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Agnizo ossia la purificazione cultuale dei giudei in preparazione alla Pasqua
Nei LXX è frequente nelle Cronache, dove ricorre 17 volte come traduzione di thr in forma pi’el e hitpa’el (2 Chr 15,12.14; 2 Chr 29,5.15.34 passim). Altrove è raro; si trova 14 volte complessivamente , e traduce soprattutto ht all’hita’el (Num 8,21; 19,12 passim); qds al pi’el (Ex 9,10) e all’hita’el (Num 11,18; Ios 3,5; Is 66,17; Ier 12,3 passim). Il verbo significa rendere idoneo al culto e indica perciò anche le varie azioni purificatrici (Ex 19,10: lavanda delle vesti).
Nel Nuovo Testamento agnizo è usato prima in Io 11,5 per indicare la purificazione cultuale dei giudei in preparazione alla Pasqua; e poi in Act. 21,24-26 ; 24, 18, dove indica la purificazione cultuale che la comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme, fedele alla legge mosaica, praticava ed esigeva da Paolo.
La partecipazione della primitiva comunità al culto del Tempio rendeva inevitabile l’osservanza delle prescrizioni tradizionali relative al culto esteriore. Soprattutto chi entrava nel tempio dopo essere stato nelle terre dei gentili doveva compiere una purificazione particolarmente attenta e efficace. Non avendo la religione neotestamentaria fissato un proprio rituale esteriore, l’uso di agnizo in questa accezione viene meno quando la nuova religione rompe definitivamente con la matrice giudaica. Agnizo continua però ad essere usato, sebbene raramente, in una accezione nuova indicante la perfetta purità morale che è il requisito della salvezza (Iac 4,8; 1Petr 1,22; 1 Io 3,3).